
L’Italia è ormai uno dei Paesi più “maturi” al mondo: gli over 65 sono circa 15 milioni, la metà con più di 75 anni, e molti vivono in aree interne o piccoli borghi difficili da raggiungere dai medici di base. Questa geografia demografica impone un ripensamento radicale della cura, perché le classiche visite ambulatoriali non bastano più.
Il cuore della rivoluzione è la Valutazione Multidimensionale (VMD): un’analisi che non si limita al singolo organo o alla singola patologia, ma integra aspetti clinici, psicologici, sociali e ambientali per mappare il grado di fragilità dell’anziano. Così si passa da una medicina “per malattie” a una medicina “della complessità”, dove il vero indicatore di rischio non è il numero di malattie (multimorbilità), bensì la disabilità che ne deriva e la rete di supporto che circonda la persona.
Cosa include la VMD?
La VMD si basa su quattro dimensioni principali:
- Clinica: raccoglie dati su malattie, terapie, esami, cadute, stato nutrizionale e funzionalità sensoriali.
- Funzionale: valuta l’autonomia nelle attività quotidiane (camminare, vestirsi, cucinare).
- Cognitiva-psicologica: analizza memoria, orientamento, umore, presenza di depressione o ansia.
- Sociale-ambientale: considera il supporto familiare, l’isolamento, le barriere architettoniche, le condizioni abitative.
Come funziona?
Un’équipe multidisciplinare—medici, infermieri, assistenti sociali, fisioterapisti—utilizza strumenti validati (come il Mini-Mental State Exam, l’indice di Barthel, o la scala GDS per la depressione) per costruire un profilo completo della persona. Il risultato non è una diagnosi unica, ma un piano personalizzato che stabilisce priorità di cura e possibili interventi.

Perché è importante?
Perché nella geriatria moderna il vero rischio non è avere tante malattie, ma diventare fragili. La VMD individua precocemente segnali di declino funzionale o cognitivo e permette interventi mirati che prevengono cadute, ricoveri inutili o perdita di autonomia.
E’ come una mappa dettagliata che aiuta a orientarsi in un territorio complesso: permette di cucire addosso alla persona il percorso di cura più adatto, come un abito su misura.
Grazie a questa diagnosi olistica si possono:
• Definire percorsi di cura su misura per limitare ospedalizzazioni e ricoveri in RSA.
• Pianificare visite domiciliari più mirate, ottimizzando tempo e risorse.
• Attivare il cosiddetto “case management”, con infermieri di comunità e assistenti sociali in rete con il medico.
L’obiettivo è garantire pari opportunità di cure – anche nelle aree più isolate – e creare una governance che renda la VMD un pilastro stabile dell’assistenza territoriale.
Quali sono le prospettive immediate?
• Riduzione delle ospedalizzazioni evitabili e dei ricoveri in RSA, con grande impatto sui costi del Servizio Sanitario.
• Miglioramento della qualità di vita degli anziani grazie a interventi precoci e personalizzati.
• Rafforzamento delle competenze di MMG e infermieri, che diventano veri “architetti” del percorso di cura.
Oltre alla VMD, si esplorano già altre frontiere: telemedicina per il monitoraggio remoto dei parametri vitali, algoritmi di intelligenza artificiale per l’analisi predittiva dei rischi, piattaforme digitali che coinvolgono caregiver e comunità locale. Il futuro della cura anziana passerà sempre più dall’integrazione tra tecnologia, sanità e contesto sociale, costruendo reti diffuse di assistenza veramente “a misura di persona”.