
OLTRE 50 MILIONI I COLPITI CON IMPATTI PROFONDI SOPRATTUTTO PER LE DONNE
L’epilessia, con oltre 50 milioni di persone colpite nel mondo, si conferma una delle patologie neurologiche più diffuse e impattanti a livello globale. Una condizione che non conosce confini geografici né culturali, tanto da spingere l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a riconoscerla ufficialmente come malattia sociale, per le sue rilevanti implicazioni sanitarie, psicologiche e socioeconomiche.
Nei paesi industrializzati si stima che ne sia affetta circa una persona su cento. In Italia sono circa 600 mila le persone che convivono con l’epilessia, mentre il dato europeo sfiora i 6 milioni. L’incidenza segue un andamento bimodale, con due picchi principali: nei primi anni di vita e dopo i 65 anni, a dimostrazione di come questa malattia possa insorgere in qualsiasi fase dell’esistenza.
Ma se l’epilessia colpisce uomini e donne, bambini e anziani, è nelle donne – soprattutto tra l’età fertile e la menopausa – che la patologia assume connotazioni particolari, intrecciandosi con i cambiamenti ormonali e le sfide della vita riproduttiva.
Donne ed epilessia: un legame complesso
Il ciclo mestruale, la gravidanza, il parto, l’allattamento e infine la menopausa sono fasi della vita femminile profondamente influenzate dagli ormoni. Proprio questi ultimi possono avere un ruolo cruciale nella modulazione delle crisi epilettiche. In molte pazienti, ad esempio, si osserva una correlazione tra i livelli ormonali e la frequenza delle crisi, un fenomeno noto come epilessia catameniale, dove le crisi tendono a intensificarsi in determinati momenti del ciclo.
Durante la gravidanza, il bilancio terapeutico diventa ancora più delicato. È necessario trovare un equilibrio tra il controllo delle crisi – essenziale per la salute della madre e del feto – e i potenziali effetti teratogeni di alcuni farmaci antiepilettici. Una gestione multidisciplinare è fondamentale per accompagnare le donne con epilessia in questo periodo, garantendo loro sicurezza e supporto.
Anche la menopausa segna una fase di cambiamento. La riduzione degli estrogeni può influenzare l’andamento delle crisi e comportare un aggiustamento della terapia farmacologica. Inoltre, alcune donne riportano un peggioramento dei disturbi cognitivi o dell’umore, sintomi che possono essere aggravati dalla patologia epilettica.

Un’attenzione crescente, ma ancora non sufficiente
Negli ultimi anni la ricerca ha fatto passi avanti, ma rimangono ampi margini di miglioramento. Serve maggiore consapevolezza, formazione specifica per il personale sanitario e un dialogo più aperto con le pazienti, che spesso si sentono isolate o non comprese. L’epilessia resta ancora oggi una malattia stigmatizzata, che porta con sé pregiudizi difficili da estirpare.
Investire nella conoscenza e nell’informazione, soprattutto in un’ottica di genere, è il primo passo per garantire alle donne con epilessia una qualità della vita migliore, libera da paure e discriminazioni.
Perché l’epilessia non è solo una condizione medica: è una questione sociale, culturale e, sempre di più, anche femminile.