
Come è nata la formulazione dell’economia circolare?
Le radici dell’economia circolare affondano negli anni Settanta. In particolare, nel 1976, quando l’architetto e analista industriale Walter Stahel, in collaborazione con l’economista Genevieve Reday, presentarono alla Commissione Europea un rapporto intitolato “The Potential for Substituting Manpower for Energy” che delineava la visione di un’economia in loop (o economia circolare) e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, sulla competitività economica, sul risparmio di risorse e sulla prevenzione dei rifiuti. Lo studio effettuato analizzava il tema dello spreco delle risorse correlato alla dismissione dei prodotti anziché della loro riparazione. Inoltre, proponeva di estendere il ciclo vitale dei beni, come le automobili per ridurre i rifiuti e gli sprechi. Ciò fu pubblicato nel 1981, nel cui testo apparve un nuovo modello di economia, ovvero l’economia ciclica.
Come funziona questo nuova visione di economia?
L’economia ciclica è stata progettata come un sistema produttivo autorigenerante, all’interno del quale le imprese diventano responsabili di ogni cosa che producono anche nella fase di post-vendita. Una visione e un sistema, quindi, in contrasto con l’economia industriale lineare, dove la responsabilità della produzione dei beni si ferma al cancello della fabbrica e ogni problema, e il relativo costo, legato all’oggetto prodotto e alla sua immissione sul mercato ricade automaticamente sul consumatore. L’economia circolare, invece, ha l’obiettivo di consumare meno risorse e rendere il circuito della produzione più snello funzionante. Secondo gli autori, un’economia di questo tipo, se applicato su larga scala, potrebbe restaurare il sistema industriale creando aziende manifatturiere ad alti volumi di componenti globali standardizzate e aziende locali specializzate nell’assemblaggio, disassemblaggio e riproduzione di beni.

A quando risalgono le prime mosse dell’economia circolare? E quali sono?
All’inizio degli anni Ottanta, l’architetto Stahel fondò, insieme all’economista italiano Orio Giarini, il Product-Life Institute, con sede a Ginevra, che ancora oggi sviluppa strategie per un incremento della produttività dei beni. A queste strategie appartengono, ad esempio, la condivisione della proprietà, l’estensione al fabbricante della responsabilità del bene stesso nel periodo di uso e post-uso e la sua rigenerazione. Nel 1982 Stahel chiarì il concetto di Economia Circolare aggiungendo, a quanto già reso noto, alcuni concetti: a) l’estensione della vita di un bene sia un punto di partenza per cominciare una transizione verso una società sostenibile; b) il progresso è realizzato con la finitezza delle risorse; c) che ci sia una strategia con un ruolo attivo e indipendente del settore privato. L’estensione della durata della vita di un bene ottimizza le risorse impiegate per produrlo e riduce quindi la quantità di risorse ed energia necessarie per produrlo e, allo stesso tempo, riduce sensibilmente la produzione di rifiuti.
Conclusioni
L’economia circolare può quindi generare un circolo virtuoso all’interno del quale è possibile allungare di molto la vita di ogni prodotto, grazie al suo riutilizzo e, allo stesso tempo, e possibile anche non solo ridurre la quantità di rifiuti ma soprattutto creare lavoro combattendo la disoccupazione e quindi la povertà. Elementi questi che hanno un grande peso sull’attuale economia mondiale.