
Il fenomeno dei NEET (Not in Education, Employment, or Training) sta assumendo dimensioni sempre più preoccupanti in Europa, con l’Italia che si posiziona al secondo posto per il tasso più elevato di giovani in questa condizione, preceduta solo dalla Grecia. Lontano dalla media europea, il nostro Paese vive una realtà complessa che colpisce in modo particolare le donne del Sud, cittadine italiane, residenti nelle grandi aree meridionali e con un titolo di studio di scuola secondaria superiore.
NEET: un distacco profondo dalla società
La condizione dei NEET non può essere ridotta alla semplice disoccupazione, ma riflette un fenomeno più complesso, dove il distacco dalla vita attiva e produttiva assume una dimensione psicologica e sociale. Questi giovani non sono solo privi di occupazione, ma sono anche immersi in un isolamento che li allontana dal mondo reale. L’interazione che rimane loro è quella virtuale, attraverso chat, social media e giochi online, che diventa la loro principale fonte di connessione e di esistenza. La vita digitale prende il sopravvento sulla realtà, favorendo un progressivo impoverimento delle competenze sociali, relazionali e comunicative.
Dal ritardo all’immobilismo: una transizione preoccupante
Negli Stati Uniti, gli esperti sottolineano una tendenza che sta evolvendo da un semplice “ritardo” nell’ingresso nell’età adulta a una vera e propria interruzione di questo processo. Quello che una volta veniva visto come un normale slittamento temporale nell’avvio alla vita adulta, oggi si sta trasformando in una situazione permanente, dove l’ingresso nell’età adulta, nel senso tradizionale, rischia di non avvenire mai. La procrastinazione continua nel costruire una vita autonoma e stabile non è più solo un rallentamento, ma un vero e proprio blocco che coinvolge sempre più giovani. Questo fenomeno, che si osserva anche in Europa, fa emergere una grave carenza di opportunità per una crescita personale e professionale.
Il divario tra i giovani e il sistema Paese
Al cuore di questo problema vi è una frattura evidente tra le nuove generazioni e il sistema Paese. Questa separazione porta con sé effetti drammatici, poiché il distacco dal mondo del lavoro e dell’istruzione diventa un elemento che perpetua l’immobilismo e l’isolamento. Si rischia di vedere aumentare le fasce di giovani che rimangono “bloccati”, senza la possibilità di inserirsi in un contesto produttivo o sociale. In questa condizione di stasi, il corpo sociale diventa sempre più debole e frammentato, incapace di valorizzare le risorse rappresentate dai giovani e di garantire loro un futuro.

Le disuguaglianze sociali come motore dell’isolamento
Le disparità sociali ed economiche sono un fattore chiave che alimenta questo fenomeno. La povertà materiale e culturale limita le opportunità di accesso a formazione e lavoro, creando un circolo vizioso che esclude i giovani dalla possibilità di realizzarsi pienamente. L’assenza di politiche adeguate, insieme a contesti familiari e sociali poco stimolanti, contribuisce a consolidare una condizione di esclusione che si autoalimenta, generando una frattura che diventa sempre più difficile da sanare.
Un rischio psicologico ed esistenziale
Questa condizione di isolamento, oltre a compromettere le opportunità economiche e sociali, minaccia anche la salute psicologica dei giovani. Il progressivo distacco dalla realtà e la carenza di riferimenti solidi possono sfociare in disagi psicologici gravi, che compromettono ulteriormente il loro sviluppo. La glaciazione generazionale, in questo senso, non riguarda solo la disconnessione dal mercato del lavoro, ma anche la paralisi del processo di crescita individuale. Senza opportunità, senza prospettive e senza stimoli, molti giovani si trovano intrappolati in una condizione che può diventare patologica, con ripercussioni pesanti sul loro benessere psichico.
Affrontare la sfida: politiche per il futuro
Per contrastare questo fenomeno, è necessaria un’azione concreta e multidimensionale. Occorre sviluppare politiche attive per il lavoro, ma anche promuovere la formazione continua, il reinserimento sociale e il recupero delle competenze relazionali. Solo investendo seriamente nelle nuove generazioni, creando le condizioni per un’autentica crescita e valorizzazione dei loro talenti, sarà possibile evitare che la situazione diventi irreversibile. In particolare, è fondamentale fornire supporto psicologico e culturale, affinché i giovani possano trovare il coraggio e la motivazione per intraprendere il proprio percorso verso l’età adulta.
Conclusioni: un futuro da costruire insieme
La glaciazione generazionale non è un problema isolato, ma una realtà che colpisce milioni di giovani in tutta Europa e in Italia. Ignorare questa situazione significherebbe compromettere le fondamenta stesse della nostra società. Per garantire un futuro più dinamico e inclusivo, è imprescindibile un intervento mirato che affronti le radici economiche, sociali e psicologiche del problema. Solo attraverso un cambiamento profondo, che valorizzi la partecipazione attiva dei giovani e crei opportunità concrete di sviluppo, sarà possibile rompere il ghiaccio che tiene in sospeso l’intera generazione. In caso contrario, il rischio è che il corpo sociale si frantumi ulteriormente, con un numero crescente di giovani inghiottiti dall’inedia e incapaci di inserirsi in una società che rischia di diventare sempre più fragile e disgregata.
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