
Nei giorni 8 e 9 giugno siamo chiamati ad esprimerci su 5 quesiti per il referendum: quattro riguardano il lavoro e il quinto riguarda il quesito sulla cittadinanza. Si tratta di un referendum abrogativo su iniziativa popolare: circa 630 mila persone hanno firmato per richiedere una riduzione dei tempi di residenza previsti per poter presentare la domanda di cittadinanza italiana, dai 10 anni attuali ai 5 anni.
LA NORMATIVA ATTUALE
Attualmente, in base alla legge n. 91 del 1992 la cittadinanza per naturalizzazione a seguito di residenza in Italia può essere richiesta dai cittadini extracomunitari dopo 10 anni di residenza in Italia mentre dai cittadini comunitari dopo 4 anni di residenza. Si tratta dell’acquisizione della cittadinanza indipendentemente dalla nascita o da un eventuale matrimonio con cittadino italiano.
Sono previsti 5 anni di residenza per i rifugiati, gli apolidi, stranieri maggiorenni adottati e per chi nei 5 anni presta servizio per lo Stato.
IL FRONTE DEI FAVOREVOLI
I favorevoli a questa riduzione del periodo di residenza affermano che in questo modo l’Italia si allineerebbe ad altri stati europei ed extraeuropei. Considerano la riduzione da 10 a 5 anni un processo necessario per favorire l’integrazione della seconda generazione di immigrati, generalmente ragazzi che hanno studiato qui e che parlano italiano con le stesse inflessioni dei loro coetanei italiani.
IL FRONTE DEI CONTRARI
Sicuramente, un elemento che ha contribuito alla convinzione dei contrari è stato il dilagare del fenomeno dell’acquisto della cittadinanza in base allo ius sanguinis in favore di molti soggetti che non hanno mai messo piede sul suolo italiano. Tale pratica si è diffusa prevalentemente tra gli oriundi italiani in Brasile e Argentina, volta esclusivamente all’ottenimento dei benefici derivanti dalla cittadinanza italiana. In via principale per l’ottenimento del passaporto italiano che è considerato tra i più “potenti” del mondo, consentendo di entrare in molti paesi senza visto d’ingresso grazie alle convenzioni che l’Italia ha con molti Stati. In questo modo sminuendo il valore del legame del cittadino con lo Stato.
A seguito del dilagare di questo fenomeno il Governo ha recentemente adottato dei provvedimenti per limitare il diritto allo ius sanguinis solamente ai figli e ai nipoti di emigrati italiani.
Inoltre si ritiene che il numero di cittadinanze riconosciute in Italia nel 2024 – 217 mila – sia un alto numero rispetto agli altri Paesi europei
COSA SUCCEDEREBBE IN CASO DI VITTORIA DEL SI
Nei casi di vittoria del SI resterebbe immutato il periodo richiesto per i comunitari mentre per gli extracomunitari diminuirebbe a 5 anni.
Resterebbe immutata anche la procedura, i requisiti necessari quali residenza legale e continuativa, conoscenza della lingua italiana a livello B/1, reddito minimo e non aver riportato condanne per i reati gravi.
All’atto pratico, la riforma consentirebbe prevalentemente ai ragazzi di seconda generazione, di partecipare a stage all’estero, rappresentare l’Italia nello sport, a votare e a candidarsi alle cariche pubbliche, al pari dei loro coetanei Italiani.
REQUISITI DI RESIDENZA NEGLI ALTRI STATI
A livello europeo solo la Spagna richiede 10 anni di residenza per la richiesta di cittadinanza, con esclusione dei cittadini dell’America Latina in cui si parla spagnolo o nei paesi come Filippine e Guinea equatoriale parzialmente ispanofoni per i quali gli anni diventano 2 mentre in Francia, Germania, Portogallo, Svezia e Paesi Bassi gli anni richiesti sono 5.
A livello extraeuropeo, negli USA gli anni di residenza necessari sono 5 e in Australia sono 4 di cui 12 mesi da residente permanente.