
INFORMATIVA
Domenica 8 e lunedì 9 giugno si vota per cinque referendum abrogativi, quelli che permettono ai cittadini di eliminare del tutto o in parte una norma. Oltre al quesito che chiede di modificare la legge per ottenere la cittadinanza italiana, gli altri quattro, riguardano invece il lavoro.
Il primo quesito riguarda l’abrogazione di una parte del Jobs Act, con la cancellazione del contratto a tutele crescenti e delle norme sui licenziamenti che permettono di non reintegrare un lavoratore licenziato in modo illegittimo se è stato assunto dopo il 2015.
Se vincesse il SI’, solo per alcuni licenziamenti, come quelli nulli o discriminatori, sarebbe di nuovo possibile il reintegro oltre al risarcimento. E l’indennizzo massimo previsto sarebbe di ventiquattro mensilità, come previsto dalla riforma Fornero, quindi più basso di quello previsto dalle norme attuali che il referendum vuole abolire. Inoltre, l’articolo 18 riformato si applicherebbe comunque solo ai dipendenti delle aziende di medio-grandi dimensioni, mentre i lavoratori delle piccole imprese continuerebbero a essere tutelati soltanto con un indennizzo.
Il secondo quesito chiede di eliminare il tetto massimo di sei mesi di indennità che può essere riconosciuta ai lavoratori licenziati in modo ingiustificato nelle piccole aziende.
L’obiettivo è quello di aumentare le tutele per chi lavora in aziende con meno di quindici dipendenti. Il referendum vuole eliminare il tetto massimo per consentire al giudice di stabilire l’indennizzo senza vincoli economici, valutando di volta in volta tutte le circostanze del licenziamento in base a criteri come la capacità economica dell’azienda, la gravità della violazione o l’età del lavoratore. Non viene quindi eliminata la differenza di trattamento con i dipendenti delle grandi aziende, ma aumenta la discrezionalità della magistratura in caso di contenzioso.

Il terzo quesito propone di abrogare alcune delle regole sull’utilizzo dei contratti a termine, limitandoli solo a casi specifici.
Il quesito chiede che i contratti di lavoro a tempo determinato siano stipulati solo in caso di esigenze specifiche o per sostituire lavoratori assenti, come la classica sostituzione per maternità.
Oggi è possibile stipulare contratti a tempo determinato con una durata massima di dodici mesi senza dover specificare il motivo (la causale). Se il contratto dura tra dodici e ventiquattro mesi, è necessario indicare nel contratto la causa per la quale si è deciso di sottoscrivere un contratto a tempo determinato e non uno a tempo indeterminato. Si possono stipulare contratti a termine oltre i ventiquattro mesi soltanto con una formalizzazione davanti alla sede competente dell’Ispettorato territoriale del lavoro.
L’obiettivo del referendum è limitare il ricorso a questo tipo di contratti e ridurre la precarietà, reintroducendo l’obbligo per i datori di lavoro di indicare una “causale”, anche per i contratti di durata inferiore ai dodici mesi. I rapporti di lavoro a termine avrebbero quindi una durata massima di 24 mesi e, se stipulati in assenza delle esigenze specifiche previste dalla legge e dalla contrattazione collettiva, si trasformerebbero in rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Il quarto quesito riguarda la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, diventata una questione urgente di fronte ai numeri dei morti sul lavoro. L’obiettivo è aumentare la responsabilità dell’azienda committente in caso di infortuni o malattie professionali dei dipendenti in appalto che eseguono le opere richieste.
Oggi la norma stabilisce che negli infortuni l’azienda che ha commissionato dei lavori è responsabile in solido con l’appaltatore e i subappaltatori per i danni subiti dai lavoratori, escludendo questa responsabilità se i danni sono causati però da rischi specifici dell’attività dell’appaltatore o subappaltatore.
Con l’abrogazione della norma, la responsabilità degli infortuni verrebbe invece estesa anche al committente, che dovrebbe quindi risarcire i danni subiti dai lavoratori anche se derivanti da rischi specifici dell’attività produttiva delle imprese appaltanti o dei subappaltatori, inclusi tutti i casi di infortunio che coinvolgono i lavoratori che non hanno la copertura assicurativa Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) o Ipsema (Istituto di previdenza per il settore marittimo).
In caso di successo del referendum, quindi, le imprese committenti si troverebbero davanti una disciplina molto severa che stimolerebbe anche a scegliere con molta attenzione le imprese appaltatrici a cui affidarsi. Per eseguire un lavoro sarà necessario fare affidamento su aziende in grado di fornire ampie garanzie sul rispetto della normativa sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.