
Che cosa dice una recente ricerca della British Standards Institution?
La dipendenza da smartphone, spesso definita nomofobia, è una condizione psicologica caratterizzata dall’ansia e dalla paura di essere separati dal proprio telefono. Questa paura può manifestarsi con sintomi fisici come mancanza di respiro, vertigini, tremori e sudorazione. La nomofobia può portare a un uso compulsivo dello smartphone, anche senza una reale necessità. Secondo una ricerca effettuata dalla British Standards Institution su un campione di giovani tra i 16 e i 21 anni, i soggetti intervistati mostrano una generazione incapace di controllare il proprio rapporto con gli schermi e la vita digitale. Una situazione talmente pericolosa da far invocare il ritorno a un pianeta senza internet, ossia un mondo che per questa generazione non ha mai conosciuto a parte i racconti dei loro famigliari e degli adulti.
Perché il desiderio di ritorno a un “mondo senza Internet”?
Il perché dell’avvento di un nuovo mondo privo di connessioni si evince dalle risposte dei ragazzi. Secondo il 70% degli intervistati, ci si sente peggio dopo aver passato del tempo sui social mentre il 50 % sarebbe favorevole a una specie di coprifuoco digitale da imporre su alcuni siti e applicazioni. Si arriva poi quasi a un altro 50% che senza ombra di dubbio esprime il desiderio di vivere la propria condizione di gioventù in un mondo privo di internet.
Un dato molto triste e significativo, perché ipotizza la soluzione unica a un problema che invece sembra non poter avere nessun esito positivo. In pratica è come se il mondo che vorrebbero i giovani di oggi fosse soltanto visto nelle parole dei genitori o dei nonni dei ragazzi di questa generazione.

Che cosa dicono altri dati?
Le risposte e i relativi dati parlano comunque di un malessere estremamente diffuso che sembra inaffrontabile e che delinea con assoluta certezza una dipendenza a tutti gli effetti. Da sottolineare in questo caso la difesa dalle interferenze dei genitori: poco più del 40% degli intervistati ha ammesso di aver detto il falso sulle proprie attività online e ne emerge un rapporto con il digitale difficile, contrastato, fatto di continui sotterfugi. Anzitutto per quanto riguarda il proprio status dichiarato. Il 42% ha dichiarato infatti di aver mentito sulla propria età reale; il 40% sostiene di avere più profili sui social oltre a quello ufficiale (spesso utilizzati per spiare qualcun altro o esprimere opinioni in maniera più o meno lecita), mentre quasi il 30% ha ammesso di fingere online o di essere una persona diversa da quella che in realtà è nella vita vera.
Conclusioni
Si tratta sicuramente di dati sconfortanti se non preoccupanti quelli emersi dalla ricerca condotta dalla British Standard Institution. Dati che compromettono, e molto, il presente di molti giovani e di buona parte di questa generazione. È opportuno quindi trovare sistemi che riducano la dipendenza dagli smartphone ma anche proporre nuove strategie educative all’uso di questi straordinari strumenti, in modo che le loro vite possano migliorare sempre di più con il passare del tempo.