I giovani meritano di più.
In un’epoca in cui la conoscenza è la vera ricchezza, l’Italia continua a investire troppo poco nell’istruzione. I dati parlano chiaro: siamo tra gli ultimi Paesi in Europa per spesa pubblica dedicata alla scuola, all’università e alla formazione.
Mentre altre nazioni rafforzano i loro sistemi educativi per affrontare le sfide del futuro, noi tagliamo risorse, accorpiamo istituti e lasciamo insegnanti e studenti in condizioni sempre più difficili.
I numeri che parlano chiaro
- L’Italia destina solo il 7,3% della spesa pubblica all’istruzione, contro una media UE del 9,6%.
- In rapporto al PIL, investe appena il 3,9%, terz’ultima in Europa, superata persino da Paesi con economie più piccole come Lituania ed Estonia.
- La media europea è del 4,7%, con Francia e Germania che superano il 5%.
Questa mancanza di visione non è solo una questione economica: è una scelta politica e culturale che incide direttamente sulla qualità della nostra democrazia, sulla mobilità sociale e sulla capacità di innovare.
L’istruzione non è un lusso, ma un diritto fondamentale e un investimento strategico. Ridurre i fondi significa rinunciare a formare cittadini consapevoli, competenti e liberi.

Conclusioni
È tempo di cambiare rotta. Serve un impegno concreto per valorizzare il ruolo degli insegnanti, modernizzare le strutture, ridurre le disuguaglianze territoriali e garantire a ogni giovane – da Nord a Sud – le stesse opportunità di crescita. Perché un Paese che non crede nella scuola è un Paese che rinuncia al proprio futuro.
L’istruzione non è solo una voce di bilancio: è il motore dello sviluppo sociale, economico e culturale. Investire poco significa: indebolire la competitività del Paese, aumentare le disuguaglianze, compromettere il futuro delle nuove generazioni
