Oggi molti giovani, quando pensano al proprio futuro professionale, mettono al primo posto la retribuzione.
Secondo una ricerca condotta da ELIS nel 2025 su oltre 1.300 studenti delle scuole superiori italiane, il 31,7% ha indicato il fattore economico come criterio principale nella scelta del lavoro. Subito dopo viene il desiderio di equilibrio tra vita privata e lavoro (30,6%), seguito dalla possibilità di fare carriera (23,8%).
Solo una piccola parte – appena l’8,1% – sogna una professione che permetta di essere utile agli altri. Questo dato fa riflettere: in un mondo dove si parla spesso di impatto sociale, sostenibilità e valori, la maggioranza dei giovani sembra orientata verso sicurezza economica e realizzazione personale.
Ma attenzione: questo non significa che i giovani siano egoisti o disinteressati al bene comune. Piuttosto, è il segno di un’epoca in cui l’incertezza economica e la precarietà spingono le nuove generazioni a cercare stabilità prima di tutto.
C’è però anche un 10% di giovani che, secondo alcuni esperti, rappresenta una minoranza preziosa: quelli che scelgono il lavoro per passione, per senso civico, per contribuire al cambiamento. Sono loro che spesso diventano insegnanti, operatori sociali, volontari, imprenditori etici.
Valorizzare i lavori di utilità sociale tra i giovani è una sfida culturale, educativa e comunicativa. Ma ci sono strategie concrete che stanno già dando buoni risultati.
Educare al senso civico
-Introdurre nelle scuole progetti come il Service Learning, che unisce studio e impegno sociale.
-Promuovere iniziative come GET UP – Giovani Esperienze Trasformative di Utilità Sociale e Partecipazione, che coinvolgono gli studenti in attività concrete con impatto sul territorio.
-Creare percorsi formativi che certifichino competenze acquisite in ambito sociale.

Riconoscere il valore professionale
-Sostenere le imprese sociali giovanili, anche con fondi e mentoring, come fanno alcune fondazioni italiane.
-Offrire contratti dignitosi e percorsi di carriera nel terzo settore.
-Integrare il lavoro sociale nei percorsi universitari e professionali, come opportunità di crescita e specializzazione.
Collegare utilità sociale e futuro sostenibile
-Mostrare come i lavori sociali siano centrali per la transizione ecologica, l’inclusione e la coesione sociale.
-Far emergere il ruolo dei giovani come agenti di cambiamento nei territori.
Creare reti e comunità
-Favorire la nascita di collettivi, cooperative e associazioni giovanili
-Offrire spazi di confronto e co-progettazione tra giovani, istituzioni e imprese.
-Valorizzare il lavoro sociale come esperienza di leadership, autonomia e cittadinanza attiva.
Conclusione:
In un mondo dove la stabilità economica è spesso la priorità, i lavori di utilità sociale rischiano di passare in secondo piano. Eppure, sono proprio questi lavori a costruire coesione, inclusione e futuro sostenibile. Valorizzarli tra i giovani significa raccontarli meglio, riconoscerli di più e renderli degni sul piano professionale e umano. Quando il lavoro sociale diventa un’opportunità concreta – ben pagata, formativa e trasformativa – i giovani non solo lo scelgono, ma lo reinventano. Perché ciò che è utile agli altri, è anche il modo migliore per essere utili a sé stessi e al mondo.
