La violenza di genere ha assunto nuove forme e nuovi spazi. Non si consuma più soltanto tra le mura domestiche o nei luoghi fisici del quotidiano: oggi si manifesta anche – e sempre più spesso – nel mondo digitale. Social network, piattaforme di messaggistica e forum online sono diventati terreno fertile per insulti, ricatti e forme di controllo che colpiscono in modo sproporzionato le donne.
Un fenomeno in crescita
Secondo i dati diffusi dalle Nazioni Unite, una donna su tre tra i 18 e i 35 anni ha subito almeno una forma di violenza online. In Italia, l’Osservatorio Nazionale sulla Violenza di Genere registra un aumento costante dei casi: +25% negli ultimi due anni. Le tipologie più frequenti sono il revenge porn, il cyberstalking, le minacce sessiste e la diffusione non consensuale di immagini intime.
Molte vittime scelgono di non denunciare. “La paura del giudizio e la difficoltà nel far rimuovere i contenuti scoraggiano le denunce”, spiega Chiara Gamberi, avvocata del centro antiviolenza Telefono Rosa. “Spesso le immagini restano online per mesi, anche dopo l’intervento delle autorità.”
Le nuove forme del controllo
La violenza digitale di genere non è sempre immediatamente visibile. Può assumere la forma di un controllo costante attraverso la geolocalizzazione, la richiesta di password o foto intime “per fiducia”, fino alla creazione di gruppi segreti in cui vengono condivise immagini e dati personali.
In uno di questi casi, scoperto nel 2024 dalla Polizia Postale, oltre 30mila utenti si scambiavano foto di ragazze prese dai social. “È come se ti togliessero la pelle davanti a sconosciuti”, racconta una vittima, oggi seguita da un centro antiviolenza romano.

Le risposte della legge
L’Italia è intervenuta nel 2019 con l’introduzione dell’articolo 612-ter del Codice penale, che punisce la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti con pene fino a sei anni di reclusione. Una legge che ha rappresentato un passo avanti, ma che – secondo molti esperti – necessita di essere rafforzata.
“Serve una procedura più rapida per la rimozione dei contenuti e una formazione specifica delle forze dell’ordine”, sottolinea la sociologa Maria Luisa Villa. “Ma serve soprattutto un cambiamento culturale: la rete amplifica quello che già esiste nella società. Finché il corpo delle donne sarà considerato un oggetto di possesso, la violenza non scomparirà.”
Il ruolo delle piattaforme
Le grandi piattaforme social si muovono con lentezza. Alcune, come Meta e TikTok, hanno introdotto strumenti di segnalazione più efficienti e filtri contro la diffusione di immagini non consensuali. Tuttavia, gli algoritmi non bastano. “La tecnologia deve essere accompagnata da responsabilità umana e da un impegno etico”, sostengono le associazioni femministe che da anni chiedono un codice di condotta vincolante per le aziende digitali.
Un problema di diritti
La violenza digitale di genere non è solo un reato: è una violazione dei diritti fondamentali. Colpisce la libertà, la privacy e la partecipazione delle donne nello spazio pubblico, costringendole spesso al silenzio o all’autocensura.
Contrastarla significa non soltanto punire chi agisce, ma anche proteggere chi parla. Perché il web può essere uno spazio di libertà solo se diventa, davvero, un luogo di rispetto.
